sabato 16 dicembre 2023

La corsa agli armamenti del Giappone

Articolo pubblicato dalla rivista "Panorama Difesa". Cfr. Cristiano Martorella, La corsa agli armamenti del Giappone, in "Panorama Difesa", n. 428, anno XLI, aprile 2023, pp. 68-75. 

                               

La corsa agli armamenti del Giappone 

Con la pubblicazione della nuova strategia per la sicurezza, il Paese del Sol Levante si appresta a potenziare il proprio strumento militare, sostenuto da un bilancio della Difesa intorno al 2% del Pil e da ambiziosi progetti.   

di Cristiano Martorella    

                                            

Il governo giapponese, guidato dal primo ministro Fumio Kishida, ha pubblicato tre importanti documenti giudicati come fondamentali e di notevole impatto per il futuro della nazione. Questi tre documenti, approvati il 16 dicembre 2022, sono la National Security Strategy, la National Defense Strategy e il Defense Buildup Program, e presentano un'analisi delle principali minacce al Giappone, che sono rappresentate dalla Cina e dalla Corea del Nord, suggerendo l'adozione di una strategia basata sulla capacità di contrattacco (hangeki noriki), e l'impiego di armi in grado di colpire il territorio nemico in profondità. Inoltre si pone l'obiettivo di raggiungere in un quinquennio una spesa per la Difesa pari al 2% del prodotto interno lordo. Questa nuova capacità offensiva del Giappone dovrebbe essere ottenuta attraverso la detenzione di una panoplia molto vasta di missili da crociera di diverso tipo, adottati in grandi quantità e varietà, da usare su navi, sottomarini, aerei e veicoli terrestri, quest'ultimi facili da trasportare e schierare, e ciò dovrebbe essere improntato alla massima mobilità e flessibilità di impiego, secondo una dottrina che prevede abilità idonee per sfuggire agli attacchi nemici. L'acquisizione di tali armi sembra caratterizzata da una notevole frenesia e fretta per costituire un forte deterrente, e affrontare così conseguentemente ogni situazione di crisi che possa verificarsi, ma anche per rispondere all'aggressiva retorica dei regimi autoritari che considerano la politica di potenza come determinante nelle relazioni fra nazioni. Ma ciò che più impressiona, è l'atteggiamento deciso con il quale si considera altamente probabile uno scontro con la Cina, e ci si prepara perciò all'eventualità peggiore. 

                                                               

Il contesto politico e giuridico

Prima di analizzare in dettaglio la nuova strategia offensiva del Giappone, è necessario una premessa per capire come ciò si possa inserire nel quadro normativo e legislativo della nazione, senza alcuna incongruenza o contraddizione con i principi della Costituzione. Con le espressioni "attacco alla base nemica" (teki kichi kogeki) e "attacco all'origine" (sakugenchi kogeki) si intende una interpretazione del principio di autodifesa che è in discussione fin dall'immediato dopoguerra. Il concetto ribadisce il diritto del Giappone di difendersi da un attacco nemico colpendo l'origine di questo attacco, ossia la base nemica, anche se in territorio straniero. Già nel 1956 il primo ministro Ichiro Hatoyama aveva dichiarato questo concetto con parole decise ed estremamente chiare: "Quando viene commessa una violazione della legge internazionale, e viene compiuto un attacco o un bombardamento sulla nostra terra, secondo alcuni dovremmo sederci e attendere la distruzione. Non penso che sia possibile. In tali casi bisogna adottare le misure necessarie per prevenire questi attacchi. E se non esistono altri mezzi per difendersi da tali attacchi nemici, credo che sia legalmente incluso nell'ambito dell'autodifesa colpire le basi da cui partano questi attacchi. Non penso che la Costituzione preveda che restiamo fermi in attesa della nostra distruzione". Ciò mostra come la discussione sul "teki kichi kogeki" (attacco alla base nemica) risalga addirittura al 1956, quando il primo ministro Ichiro Hatoyama assunse questa posizione al riguardo della difesa, ma l'evoluzione del concetto è anche direttamente collegata alle capacità di contrattacco (hangeki noriki) del Giappone, e molti esperti ne parlano appunto in relazione a queste potenzialità. Inoltre, uno sviluppo politico molto significativo avvenne nel luglio 2006, quando Taro Aso, ministro degli Esteri del governo Koizumi, dopo i ripetuti test missilistici nordcoreani dichiarò che se fosse stato necessario il Giappone avrebbe potuto condurre una attacco preventivo contro la Corea del Nord. L'affermazione, che in quel periodo sembrò dirompente, divenne poi una pietra miliare della politica giapponese, fornendo una visione più ampia del principio di autodifesa. Non soltanto il Giappone considerava legittimo un "attacco alla base nemica", ma valutava anche l'opportunità di un "attacco preventivo" (preemptive attack). Secondo il politologo Narushige Michishita, già nel 1956 le dichiarazioni del primo ministro Ichiro Hatoyama indicavano implicitamente la possibilità di un attacco preventivo come opzione possibile. Anche giuristi e legali hanno confermato la validità di questa interpretazione del principio di autodifesa, e quindi davanti all'evidenza di un imminente attacco nemico, il Giappone è legittimato a rispondere a tale minaccia sopprimendo all'origine il pericolo. Tuttavia una decisa definizione di questi concetti è stata fornita soltanto con i numerosi provvedimenti legislativi del primo ministro Shinzo Abe, e in particolare con la Legge sulla pace e la sicurezza (Heiwa anzen hosei), presentata il 1° luglio 2014, approvata definitivamente il 19 settembre 2015, ed entrata in vigore il 23 marzo 2016. Questa legge introduce il concetto di "difesa collettiva" (shudan teki jieiken), che permette di intervenire in difesa degli alleati sotto attacco, autorizzando anche l'intervento all'estero, e sostituisce l'orientamento  verso una "difesa esclusivamente protettiva" (senshu boei) con il "pacifismo proattivo" (sekkyoku teki heiwashugi) che intende eliminare le minacce alla pace e alla stabilità.

                                                               

L'opinione pubblica

Le scelte politiche devono però coniugarsi con le tendenze dell'opinione pubblica, e bisogna riconoscere che in questo momento storico nei giapponesi c'è soprattutto una forte preoccupazione per la sicurezza del proprio paese, continuamente minacciato da potenze aggressive e spregiudicate come la Corea del Nord e la Cina. In particolare, i continui e reiterati test missilistici nordcoreani che sorvolano i cieli del Giappone, provocano un senso di insicurezza che cerca naturalmente nel riarmo del proprio paese una forma di rassicurazione, mentre le richieste irrealistiche della Cina, che rivendica sempre più ampie porzioni del territorio di altre nazioni, influenzano una visione di un'aggressione in atto che i media giapponesi descrivono sempre più spesso con la parola "invasione". D'altronde i movimenti pacifisti locali non sono né determinanti né efficaci in una eventuale critica alla politica di riarmo del paese. Si consideri che la più importante formazione pacifista buddhista, rappresentata dal Komeito (Partito dell'onestà), si ritrova nella coalizione di governo, e non si oppone alla politica della sicurezza nazionale, perché considera ancora accettabile il quadro istituzionale che definisce i limiti dell'azione militare nell'ambito dell'autodifesa. Ciò significa che la crescita del potenziale bellico del Giappone non trova ostacoli politici, ma piuttosto si deve concentrare sull'articolazione della realizzazione materiale di questa difesa, finora astrattamente definita. Risultano perciò pretestuose e puramente ideologiche le argomentazioni delle forze politiche conservatrici di centro-destra ed estrema destra, che chiedono la modifica dell'articolo 9 della Costituzione, essendo totalmente ininfluente nella politica di sicurezza del Giappone contemporaneo. Come fa notare il sociologo Johan Galtung, la Costituzione giapponese non sarebbe "pacifista" in senso assoluto, ma più modestamente "contro la guerra" come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Questo punto di vista smaschera una finzione sostenuta da molti politici conservatori, e in particolare da Ichiro Ozawa, che divenne famoso per la definizione di "paese normale" (futsu no kuni). Riassumento brevemente questa posizione politica, secondo Ichiro Ozawa il Giappone dovrebbe abbondonare la politica di disarmo e pacifismo tipica del dopoguerra, passando da un "paese amante della pace" (heiwa kokka) a un "paese normale" (futsu no kuni). Appare evidente che ciò che si rivendica non è il diritto alla pace e alla stabilità, ma l'idea politica di sovranità, estesa al diritto di dichiare e condurre una guerra contro gli altri paesi. Questa è un'idea politica che presenta una concezione precisa, ma non fornisce nessuna strategia definita per la sicurezza e la difesa. Paradossalmente, se l'articolo 9 della Costituzione fosse immediatamente abrogato, ciò non cambierebbe minimamente i problemi della sicurezza del Giappone. Per questi motivi, il primo ministro Fumio Kishida ha completamente abbandonato la proposta di modifica della Costituzione, fortemente sostenuta dal suo predecessore Shinzo Abe, per concentrarsi sulle questioni concrete della sicurezza, ovvero sulla realizzazione dello strumento necessario alla difesa del paese. Sicuramente ciò costituisce un progresso, perché l'inutile discussione sulla modifica della Costituzione era capziosa e fuorviante, ed era degenerata in una polemica puramente ideologica. 

                                                              

I missili cruise e ipersonici

Per realizzare questa strategia offensiva sono necessarie armi capaci di colpire in profondità il territorio nemico, e valutando che gli avversari presi in considerazione sono la Cina e la Corea del Nord, è evidente che i missili cruise hanno una gittata sufficiente per questo scopo, vantando inoltre una notevole flessibilità di impiego e versatilità. Il Ministero della Difesa giapponese intende perciò realizzare una serie di missili cruise di produzione nazionale, ma siccome ciò richiede un certo tempo e si intende rispondere alle minacce immediatamente, si è stabilito di acquistare missili cruise già disponibili sul mercato e di schierarli al più presto sui mezzi esistenti. La scelta è caduta sul missile RGM-109 Tomahawk nella versione Block VB, che dovrebbe essere schierato già a partire dal 2026, prevedendo di installarli sugli 8 cacciatorpediniere Aegis (classi Kongo, Atago, Maya) già in servizio, e sui 2 futuri incrociatori Aegis programmati. L'acquisto dovrebbe aggirarsi intorno a un numero di crica 400-500 missili, e parte dei finanziamenti sono stati già erogati nel budget per la Difesa del 2023. 

Per quanto riguarda invece i missili cruise di produzione nazionale, la situazione è molto articolata e considera una notevole varietà di progetti. Innanzitutto si prevede di ottenere un missile da crociera migliorando il missile antinave Mitsubishi Type 12, ottenendo così un missile dual-use in grado di colpire sia obiettivi terrestri che navali, con capacità di lancio da lanciatori mobili, aerei, navi, e sottomarini. Attualmente questo missile è identificato semplicemente con il nome di "modello con capacità superiori" (seino kojo gata), e fra le sue caratteristiche ci sarà un design stealth per sfuggire ai radar e ali estensibili per prolungarne l'autonomia che dovrebbe raggiungere nella versione finale circa 1.500 km. Mitsubishi Heavy Industries ha indicato la fase di sviluppo dal 2021 al 2025, e una possibile entrata in servizio soltanto dopo il 2026. Anche Kawasaki Heavy Industries avrebbe presentato un'offerta per un altro missile cruise con gittata di 2.000 km, ma al momento il progetto non si è ancora concretizzato e rimane soltanto al livello di proposta. Ancora più interessanti sono i progetti dei missili ipersonici giapponesi che risultano davvero originali e sofisticati. Nel 2020 il Ministero della Difesa ha reso noto ufficialmente lo sviluppo di alcune armi ipersoniche a cui lavorava segretamente da tempo, e ciò ha suscitato un certo scalpore perché si ignoravano completamente questi progetti così ambiziosi. L'ATLA (Acquisition, Technology & Logistic Agency), l'agenzia del Ministero della Difesa che si occupa di acquisizioni e sviluppo tecnologico, ha comunicato che gli ingegneri nipponci sono al lavoro per la realizzazione di due modelli di missili ipersonici, chiamati rispettivamente Hypersonic Cruise Missile (HCM) e Hyper Velocity Gliding Projectile (HVGP). L'HCM è simile a un missile tradizionale, ma è dotato di propulsione basata su uno scramjet che permette elevate velocità ipersoniche e una gittata a lungo raggio. Invece, l'HVGP è fornito di un motore a razzo a combustibile solido, che poi si separa sganciandolo ad alta quota, e possiede sistemi di controllo basati su propulsori di manovra e una piccola deriva. Entrambe le armi potranno utilizzare due modelli di testate: una variante antinave chiamata Sea Buster, composta da due stadi di detonazione (carica cava anti-corazza e carica perforante principale), e una testata del tipo penetrante multipla o Multiple Explosively Formed Penetrator (MEFP), ad alta densità, costituita da una carica sagomata formata da proiettili autoforgianti che al momento dell'esplosione creano uno sciame di frammenti che colpiscono diversi obiettivi. Secondo le informazioni più recenti pubblicate dall'agenzia di stampa Kyodo News, il missile ipersonico HCM dovrebbe avere una gittata di ben 3.000 km , mentre il missile planante HVGP avrebbe un raggio d'azione di 2.000 km. Si stima che i prototipi saranno realizzati fra il 2024 e 2028, così che questi missili possano entrerare in servizio nel 2030.

                                                         

La crescita militare

Si ritiene che Tokyo intenda acquisire più di 1.500 missili cruise del modello migliorato con capacità superiori (seino kojo gata), e migliaia di missili ipersonici, secondo un piano che prevede di costituire un arsenale in grado di intimorire qualsiasi aggressore. La realizzazione di questo ambizioso progetto non sarà un problema prendendo in considerazione il cospicuo aumento del bilancio per la Difesa, destinato a crescere fino a raggiungere il 2% del prodotto interno lordo. Infatti, il Ministero della Difesa ha già richiesto un budget per il 2023 di 6.820 miliardi di yen (51,4 miliardi di dollari), con un aumento impressionante del 26% rispetto all'anno precedente, e vuole proseguire con questa crescita costante fino al raggiungimento degli obiettivi che si è posto. L'incremento delle capacità militari di Tokyo non riguarderà soltanto il settore missilistico, ma interverrà su tutti gli armamenti convenzionali, con una particolare attenzione alla flotta della JMSDF (Japan Maritime Self-Defense Force) che conoscerà un aumento quantitativo e qualitativo senza precedenti. Non soltanto sarà completato il potenziamento delle due portaerei della classe Izumo, ma verrà anche rafforzato l'impiego delle fregate Mogami, dotate di spiccate caratteristiche HUK/SAG (Hunter Killer/Surface Action), e quindi in grado di contrastare efficacemente navi e sottomarini. Si tenga presente che queste unità sono armate con il missile antinave Type 17 che possiede una gittata di 400 km, davvero una potenzialità inedita per la JMSDF. Anche la JASDF (Japan Air Self-Defense Force) ha piani ambiziosi, puntando a sostituire i vecchi caccia di quarta generazione (F-15 e F-2) con i nuovi velivoli di sesta generazione (F-3 o Tempest) già nei prossimi anni '30, e di aumentare anche il numero dei reparti. Infine continuerà il rafforzamento dello scudo antimissile con lo sviluppo delle versioni migliorate del missile antiaereo Chu-SAM e della sua versione navalizzata A-SAM, il dispiegamento sulle nuove unità dei missili SM-6 e SM-3 Block IIA, e la modernizzazione dei Patriot PAC-3 con la versione MSE (Missile Segment Enhancement) e l'aggiornamento del radar con il modello LTAMDS (Low Tier Air and Missile Defense Sensor) in sostituzione degli AN/MPQ-65. Queste modifiche dovrebbero garantire anche una protezione dai nuovi missili ipersonici cinesi e russi, specialmente con il perfezionamento dei sistemi radar studiati appositamente per la loro intercettazione. 

                                                             

Le ambizioni e le prospettive

Attualmente il Giappone è la terza potenza economica e la quinta potenza militare mondiale, ma non viene percepito come un pericolo per la sicurezza e la stabilità internazionale, anzi è abbastanza ignorato oppure è considerato marginale. Invece negli anni '90 esisteva una vastissima letteratura che indicava appunto il Paese del Sol Levante come una seria minaccia, ed era un argomento di preoccupate discussioni e vivaci dibattiti. Ricordiamo in proposito il libro The Coming War with Japan di George Friedman e Meredith LeBard, nel quale si sosteneva addirittura la possibilità di un imminente conflitto fra Stati Uniti e Giappone, e il popolare romanzo Rising Sun di Michael Crichton, dal quale è stato tratto l'omonimo film interpretato da Sean Connery e Tia Carrere, incentrato su una storia di intrighi nell'ambito di economia e politica. Ormai il Giappone non è più raffigurato così a tinte fosche e bellicose, ma si cade però nell'errore opposto di descriverlo come un "paese dei balocchi" senza l'opportuna conoscenza della sua politica estera e interna, dell'organizzazione economica, dell'immenso apparato industriale, dell'avanzata ricerca scientifica e tecnologica, e del pensiero politico e filosofico, peccando purtroppo in una eccessiva superficialità che si ferma ai luoghi comuni e agli stereotipi banali. La National Security Strategy prevede nel lungo periodo una crescita militare del Giappone che potrebbe portare il paese a occupare il terzo posto mondiale, e a causa del rapido degrado della situazione dell'economia russa e alle enormi perdite in Ucraina, non sarebbe inconcepibile il superamento di queste potenze in gravi difficoltà. Bisogna fare i conti con questa prospettiva, perché ciò cambia gli equilibri regionali e perfino mondiali, e soprattutto deve essere Pechino a prendere in seria considerazione il fatto che non sarà più la potenza egemone in Asia. Attualmente Tokyo intende sviluppare le sue capacità di strike a livelli decisamente elevati, ma ancora con armamenti convenzionali, tuttavia in futuro potrebbe considerare di usare i suoi vettori (missili cruise stealth e ipersonici) per essere armati anche con testate nucleari. Nel 2021 il Giappone possedeva una riserva di plutonio "weapons grade" che ammontava a 46 tonnellate, risultato della produzione delle centrali nucleari entrate in servizio fin dal 1966, e detiene le tecnologie per costruire armi atomiche così da essere in grado di poter avviare una produzione di massa in pochi mesi. Come ricorda l'aneddoto raccontato dal noto analista Dario Fabbri, si può dire che "la bomba atomica è per il Giappone come un whisky a cui manca soltanto il ghiaccio, essendo a disposizione di tutti i componenti per realizzarla". Quindi la scelta di non possedere armi atomiche è puramente politica, e non dipende da altri fattori, ed è ribadita dalla Legge di Base sull'Energia Atomica del 19 dicembre 1955. Però il 20 giugno 2012 è stata approvata dalla Dieta Nazionale un'appendice a questa legge con la quale si stabilisce che l'energia nucleare può "contribuire alla sicurezza nazionale", e ciò apre prospettive decisamente diverse da quanto si è sempre ritenuto circa le scelte giapponesi in proposito. 

Per quanto concerne i cosiddetti "limiti imposti dalla Costituzione", si deve osservare che queste restrizioni sono facilmente aggirabili semplicemente con un espediente linguistico perché il Giappone non possiederebbe capacità "offensive" (kogeki), ma soltanto "controffensive" (hangeki) per rispondere a un attacco nemico. D'altronde la Costituzione si limita soltanto ad affermare che "il popolo giapponese rinuncia per sempre alla guerra come diritto sovrano di una nazione, e alla minaccia o all'uso della forza come strumento per la risoluzione delle controversie internazionali", ma non specifica come ci si dovrebbe comportare in caso di aggressione e coinvolgimento in guerra da parte di un'altra nazione. E ciò ovviamente deve essere deciso dai legislatori in conformità della volontà popolare e dell'espressione democratica rappresentata dai partiti politici. 

Infine è evidente che in Giappone sta prevalendo un atteggiamento che si potrebbe definire "rialzista", contrastando la crescita degli armamenti dei paesi ostili con il proprio aumento delle capacità belliche. Questo atteggiamento può essere descritto come un pericoloso "gioco d'azzardo", ma l'intero Giappone sembra essere dominato da una "frenesia del gioco" (kakegurui), e l'opinione pubblica chiede un continuo e costante rafforzamento della Difesa, ben oltre le prosposte del governo. Lo scrittore Yukio Mishima diceva che non ha senso scommettere con parsimonia quando si gioca, ed è probabilmente questa la vera essenza del kakegurui. Ma per capire profondamente i giapponesi è sufficiente citare un loro semplice proverbio: "se hai mangiato il veleno, tanto vale finire il piatto" (doku wo kurawaba sara made). Ed è questa la tendenza ad andare fino in fondo dopo aver preso una scelta, anche drammatica.